Come dedurre le sponsorizzazioni sportive e risparmiare

DI COSA STIAMO PARLANDO

Come dedurre le SPONSORIZZAZIONI

COSA VI OFFRIAMO

Come utilizzare le sponsorizzazioni sportive per pagare meno tasse

Tra i sistemi che utilizzano le imprese per alleggerire l’ingente carico fiscale che sono costrette a sopportare ogni anno, c’è sicuramente quello delle sponsorizzazioni sportive. E’ tipico infatti trovare sulle borse delle squadre di qualsiasi sport, anche non professionistici, loghi e pubblicità di ogni genere: idraulici, ristoratori, imprese edili, negozi e altri esercizi pubblici, locali notturni, ecc.

 

Spesso ci si chiede:

“Ma cosa ci guadagna l’idraulico a farsi pubblicizzare dalla squadra di calcio del quartiere?

Apparentemente non molto perché, parliamoci seriamente, è difficile che uno spettatore che vada a vedere le partite del proprio figlio si ricordi dello sponsor sulla maglietta della squadra avversaria o del cartellone pubblicitario a bordo campo.

Ma è anche vero però, che per lo sponsor stesso, questa pratica rappresenta un mezzo molto utile per fare il cosiddetto “branding“, ovvero “far girare” il proprio nome, il proprio marchio, in particolare se si tratta di attività locali che si svolgono nella zona di competenza in cui hanno luogo gli eventi a cui partecipa l’associazione sportiva.

Se pensiamo ad esempio a un ristorante, un concessionario di automobili, un servizio sul web, un parrucchiere, possiamo sottolineare il fatto che promuovendo il proprio marchio in ambienti molto affollati, come quelli in cui si svolgono gli eventi sportivi, è davvero possibile ottenere anche dei sostanziali benefici in termini di acquisizione clienti che spesso sono gli sportivi stessi.

Ma un altro aspetto fondamentale relativo alle sponsorizzazioni sportive, e probabilmente, il motivo fondamentale per cui questo istituto è così largamente utilizzato, è sicuramente la deducibilità fiscale di tale costo.

A causa dell’insopportabile peso del fisco che grava sulle imprese e sui piccoli esercizi ogni anno, è a dir poco controproducente non investire parte del proprio utile prodotto, ritrovandosi poi a doverne destinare, obtorto collo, quasi la metà al fisco!

Molte aziende, che per sopravvivere devono riuscire a vendere i loro prodotti e servizi, decidono pertanto di allestire campagne pubblicitarie più o meno costose per ricavarne introiti economici e, nel contempo, crearsi dei costi per abbassare il proprio utile e quindi pagare meno tasse.

Altre imprese mirano invece a rafforzare e valorizzare la propria immagine e il proprio marchio presso il pubblico, senza mirare direttamente alla vendita di uno specifico prodotto che però sarà la logica conseguenza dell’investimento fatto sul brand.

A questo servono le sponsorizzazioni che rappresentano, non un’alternativa alla tradizionale pubblicità, ma una diversa forma di comunicazione per promuovere un prodotto, servizio o un brand in cambio di una somma di denaro versata alla società sportiva dilettantistica.

Le spese per le sponsorizzazioni risultano essere interamente deducibili ed equiparate, dal nostro ordinamento, a quelle di pubblicità se la sponsorizzazione rispetta alcune regole fondamentali che andrò ad evidenziare in questo articolo.

In passato ci sono state alcune incertezze interpretative al riguardo, infatti nello specifico, alcune sentenze della corte di cassazione hanno equiparato i costi di sponsorizzazione alle spese di rappresentanza, specie quando non vi era una diretta aspettativa di ritorno commerciale per lo sponsorizzato a fronte della sponsorizzazione stessa. E’ il caso di aziende che avevano il 90% della clientela formata da enti pubblici ad esempio, e spendevano dai 20 ai 30 mila euro l’anno per apporre uno striscione in un campetto di periferia.

Oppure del panettiere di Modena che sponsorizzava la squadra di calcio di Mantova. Ovviamente in questi accordi era difficile stimare un’aspettativa di ritorno commerciale adeguata all’investimento pubblicitario fatto, al punto che l’antieconomicità del rapporto a svantaggio dell’azienda che elargiva il denaro sembrava celare una condotta fraudolenta con la finalità di evadere il fisco.

La cassazione non ha quindi negato in via di principio la riconducibilità delle spese per sponsorizzazioni tra quelle di pubblicità: ha solo stabilito che debba esserci un nesso tra l’attività svolta dalla società e quella sponsorizzata.

Nesso che viene misurato con la probabilità che la sponsorizzazione possa portare una diretta aspettativa di ritorno commerciale alla sponsorizzata affinchè, tali spese possano essere considerate di pubblicità e non di rappresentanza.

Intanto spieghiamo chiaramente cosa cambierebbe per lo sponsor questa diversa classificazione della spesa per la sponsorizzazione:

  • Spese pubblicitarie: sono integralmente deducibili nell’anno in cui sono state sostenute, oppure in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi.
  • Spese di rappresentanza: la cui deducibilità avviene nel periodo di sostenimento, se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti dal D. M. 19 novembre 2008 e, quindi, in misura forfetaria in base al volume dei ricavi dell’impresa, ovvero:

– 1,3% per ricavi fino a 10.000.000 euro;

– 0,5% per ricavi da 10.000.000 fino a 50.000.000 euro;

– 0, 1% per ricavi oltre 50.000.000 euro.

Sempre per lo sponsor, ai fini IVA, se l’importo della sponsorizzazione rientra tra le spese pubblicitarie l’imposta diventa detraibile, mentre risulterebbe indetraibile, e quindi un vero e proprio costo, qualora la sponsorizzazione venisse annoverata tra le spese di rappresentanza.

 

Come è facilmente intuibile, per le imprese, la differente qualificazione di tale spesa incide, e non poco, sia sulla deducibilità del costo che sulla detraibilità dell’IVA, al punto che, da un punto di vista fiscale, una spesa pubblicitaria risulterebbe essere particolarmente conveniente per le casse dello sponsor, mentre una spesa di rappresentanza molto meno.

E’ chiaro che, a causa degli abusi relativi a tale esercizio da parte di molte aziende che utilizzavano i contratti di sponsorizzazione al solo scopo di evadere il fisco, sfruttando il fatto che le associazioni sportive pagano soltanto l’Irap e quindi il 5% sui loro guadagni, l’amministrazione finanziaria negli ultimi anni, di fronte ad ingenti costi di sponsorizzazione nei bilanci delle società, ha adottato la tendenza ad annoverarle a spese di rappresentanza, se queste non venivano fatte seguendo determinate regole.

Per godere di tutti i benefici fiscali della sponsorizzazione sportiva infatti, è necessario rispettare alcuni principi cardine per non permettere ad alcuna commissione tributaria di mettere in discussione la bontà di tali operazioni, evitando in questo modo che i costi relativi possano essere annoverati tra le spese di rappresentanza.

  • La prima regola in assoluto che devi rispettare per configurare la tua sponsorizzazione come spesa pubblicitaria è quella della presenza TANGIBILE di un servizio reso dalla sponsorizzata a fronte del costo della sponsorizzazione. Lo sponsor, e cioè l’azienda che versa il corrispettivo alla sponsorizzata (associazione sportiva), deve ricevere in cambio qualcosa con la finalità di vedere un ritorno commerciale da tale operazione.
  • La società sportiva sponsorizzata quindi, dovrà in qualche modo pubblicizzare i prodotti o servizi dello sponsor offrendo a quest’ultimo un canale di vendita che possa potenzialmente portargli dei risultati. L’ho scritto prima, se la società sponsorizzata ha come sede della propria attività sportiva la zona di Torino e provincia, risulterebbe incomprensibile la sponsorizzazione di un’azienda di pompe funebri di Reggio Calabria, a meno che non abbia un punto vendita anche a Torino.
  • Nel contratto di sponsorizzazione devono essere ben chiari gli obblighi della società sportiva sponsorizzata a fronte del corrispettivo pagato dallo sponsor e tali impegni presi devono essere rispettati. Ad esempio se il contratto parla di striscioni e manifesti atti a promuovere un prodotto o servizio dello sponsor, gli striscioni ci devono essere. Se si indica nel contratto che il materiale tecnico indossato dalla squadra deve avere un logo dello sponsor allo scopo di “far girare” il suo brand: maglie, borse e altro materiale tecnico degli atleti della sponsorizzata devono esporre il logo dello sponsor. In definitiva quel che si indica nel contratto come prestazione che deve fornire allo sponsor la società sportiva sponsorizzata, deve trovare riscontro a fronte di eventuali controlli dell’amministrazione finanziaria.
  • Il rapporto tra le prestazioni della sponsorizzata e i corrispettivi pagati dallo sponsor devono avere una logica, non fare come quell’imprenditore che ha pagato un cartellone pubblicitario durante una partita di volley, generalmente ceduto a cifre intorno ai 2.000 euro, fino a 50.000 alla società sportiva sponsorizzante, e dunque con una maggiorazione del 2.500%. E soprattutto le spese per le sponsorizzazioni sostenute da un’azienda nel corso dell’anno devono essere equilibrate rispetto al proprio volume d’affari (mai esagerare).
  • Il contratto di sponsorizzazione deve essere chiaro in ogni sua parte e pertanto non spudoratamente antieconomico per lo sponsor a tal punto da far ritenere che lo stesso abbia altre finalità che non quelle di promuovere un prodotto o servizio dell’azienda stessa. Tuttavia, tale principio può venir spesso derogato anche se i costi per la sponsorizzazione appaiono antieconomici per lo sponsor ma comunque proporzionati al fatturato della società che li sostiene.

Tutte queste informazioni devono essere contenute in un contratto che regolarizza e descrive il rapporto tra i due attori di questo genere di esercizio: lo sponsor (l’azienda) e lo sponsorizzato (la società sportiva). Un contratto ben fatto ti metterà al riparo da qualsiasi controllo fiscale se rispetterai le regole sopracitate, evitando così la spiacevole sorpresa di trovarti commutata la spesa pubblicitaria del contratto di sponsorizzazione in spesa di rappresentanza, con tutto quel che ne conseguirebbe.

Quindi è fondamentale che il contratto sia a prova di controllo fiscale, scritto in modo chiaro, completo e sottoscritto in ogni sua pagina da entrambe le parti. Cliccando sul link sottostante potrai scaricare una bozza di contratto promo pubblicitario in formato Word che potrai modificare a tuo piacimento e utilizzare evitando così il rischio che una qualsiasi commissione tributaria possa “impugnarlo” e contestare la bontà della sponsorizzazione.

Contratto di sponsorizzazione promo pubblicitario

Come ti ho già sottolineato, nel caso di una verifica da parte dell’amministrazione finanziaria, per prima cosa è fondamentale che il contratto descriva in maniera dettagliata gli obblighi dell’associazione sponsorizzata a fronte del corrispettivo pagato dallo sponsor, ma soprattutto sarà importante poter provare con foto e documenti che l’impegno presi dalla società sportiva di veicolare il brand o pubblicizzare i prodotti dello sponsor sia stato effettivamente rispettato.

Se si parla di striscioni o manifesti appesi sul campo di gara ci dovranno essere le prove che questo sia stato fatto; se si parla di logo sull’abbigliamento tecnico della squadra ci dovranno essere le prove che questo sia stato effettivamente inserito. L’assenza di tali prove tangibili sarebbe sicuramente un buon motivo per invalidare tale contratto che comporterebbe il conferimento di tali costi da pubblicitari a spese di rappresentanza con i relativi oneri e sanzioni annesse.

Sarà importante per lo sponsor, a fronte di una verifica fiscale, essere in grado di provare che, potenzialmente, tale sponsorizzazione avrebbe potuto portare un vantaggio economico a fronte degli sforzi profusi dall’associazione sportiva al fine di pubblicizzare i prodotti o il brand dello sponsor stesso.

E ancora sarà importante provare che le prestazioni indicate nel contratto siano state effettivamente eseguite dalla sponsorizzata. 

 

La truffa delle False Sponsorizzazioni nelle Associazioni Sportive Dilettantistiche

Come hai potuto leggere in queste pagine lo strumento delle sponsorizzazioni sportive, se ben utilizzato, può portare degli enormi vantaggi in termini di vendita, di accrescimento dell’importanza del brand dello sponsor, ma soprattutto in termini di risparmio fiscale.

Ogni euro che si decide di investire per un contratto promo pubblicitario con un’associazione sportiva dilettantistica, è un euro su cui non verranno calcolate le tasse. E’ pertanto tipico a fine anno, specie se ci si rende conto di avere degli utili particolarmente elevati, ricorrere a questa soluzione.

Il grosso problema è che troppe aziende, e di conseguenza altrettante associazioni sportive compiacenti, hanno abusato di questo esercizio gonfiando a dismisura gli importi di tali sponsorizzazioni per pagare meno tasse, ovviamente in modo non legale, sfruttando il fatto che le associazioni sportive, essendo “non a scopo di lucro“, non paghino alcun tipo di tassa sugli utili in quanto, per loro natura, non ne possano distribuire. L’unica imposta a loro carico è l’Irap che a seconda delle regioni si attesta intorno al 5% sul reddito imponibile dell’associazione stessa.

Facendo un rapido calcolo, se una S.r.l. paga normalmente il  27% di tasse sugli utili di esercizio, e una società sportiva dilettantistica soltanto il 5%, “girando” una sostanziale fetta dell’utile di una S.r.l. ad una A.S.D., è possibile ottenere un risparmio in termini di imposte veramente elevato.

Ed ecco che il giochino è presto servito sul piatto d’argento: l’associazione sportiva gonfia a dismisura le fatture per la sua attività di sponsorizzante, arrivando a far pagare anche 60.000 euro l’anno uno striscione appeso a bordo campo con il logo dello sponsor, ma di quei 60.000 ne trattiene soltanto un 15%, incassando il totale e restituendo in contanti il restante 85% allo sponsor.

  • Vantaggi per l’associazione sportiva:facendo questa specie di “giochino delle tre carte“, diventa molto più appetibile per eventuali altri sponsor che, grazie alla sua opera, possono ridurre di gran lunga le tasse sui loro utili. Incassa il 50% dell’IVA sulle fatture che lo sponsor paga grazie alla legge 398 che dispone che le ASD versino una quota forfettaria di IVA pari al 50% di quella che incassano e, soprattutto, a fronte di una tassazione dei propri utili al 5%, trae profitto dall’0perazione anche trattenendo soltanto il 15% su quello che incassa dallo sponsor
  • Vantaggi per lo sponsor: destinando buona parte dei propri utili d’esercizio all’associazione sportiva. riesce a risparmiare fino al 15-20% di quello che avrebbe dovuto pagare di tasse, vedendosi restituito in contanti, l’80-85% dell’importo della fattura di sponsorizzazione.

I troppi casi di abuso di questo esercizio però hanno fatto sì che l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza, non vedano di buon occhio questo genere di contratto e da un po’ di tempo stiano “battendo a tappeto” molte associazioni sportive per controllarne i bilanci.

Incrociando i dati con le fatture trovate presso le A.S.D., le Fiamme Gialle, si sono spesso trovate di fronte a situazioni a dir poco assurde, scoprendo ingegnosi sistemi di frode perpetrati da imprenditori senza scrupoli che creavano vere e proprie società sportive “fittizie“, intestandole a prestanome nullatenenti senza mai figurare in nessuna di esse.

Le contabilità di tali società, così come di molte altre che svolgevano regolarmente attività sportiva, e quindi non propriamente fittizie, avevano delle operazioni assurde con enormi differenze tra il valore di mercato delle sponsorizzazioni e il prezzo che arrivavano a pagare gli sponsor.

Un cartellone pubblicitario, durante una manifestazione sportiva ad esempio, venduto generalmente intorno ai 2.000 €, veniva pagato dagli sponsor anche dai 30 ai 50 mila € e con una maggiorazione del 2.000%.

In altri casi venivano stipulati generici contratti pubblicitari stagionali di spazi pubblicitari per cifre che superavano anche i 500.000 euro.

Analizzando successivamente i movimenti bancari delle associazioni controllate, si poteva evincere che gli importi fatturati venivano regolarmente pagati tramite bonifico o assegno, allo scopo di dare una parvenza di regolarità alle operazioni, ma pochi giorni dopo l’accredito delle somme sul conto corrente, le stesse “sparivano” attraverso il prelevamento di contante che veniva, ovviamente in parte, restituito allo sponsor.

Queste operazioni consentivano agli sponsor di annotare a bilancio costi molto elevati per contratti pubblicitari fittizi, abbattendo notevolmente l’utile e l’IVA da versare allo stato. In alcuni casi gli sponsor, oltretutto, versavano centinaia di migliaia di euro per spazi pubblicitari, acquistati anche  a centinaia di km di distanza da dove svolgevano effettivamente la loro attività, quindi completamente inutili ai fini di riceverne un potenziale ritorno economico ma soprattutto pagati a cifre anche 500 volte superiori alla norma.

La totale antieconomicità di tali operazioni insieme alla loro inutilità in termini di potenziale ritorno economico sono stati gli elementi cardine su cui si sono fondate la maggior parte delle contestazioni.

Ovviamente non potrei mai consigliarti una pratica di questo tipo perchè, un modus operandi di questo genere, essendo illegale, se da un lato nell’immediato, potrebbe farti risparmiare tanti quattrini di imposte, dall’altro lato ti esporrebbe al rischio di un controllo fiscale su un tema che sta molto a cuore alle Fiamme Gialle, e non si fatica a capirne il motivo.

La sponsorizzazione sportiva va vista nell’ottica di promuovere la propria attività sfruttando un canale di marketing alternativo e in alcuni casi, e per certi tipi di attività, molto performante, e al contempo per risparmiare dalle tasse le somme investite.

Rispettando le regole che sono quelle legate in particolar modo al buon senso, ovvero che, l’investimento sia proporzionato al volume d’affari, che l’attività che dovrà svolgere l’associazione sportiva venga effettivamente eseguita con tanto di prove fotografiche e documentali, che l’investimento sia quantomeno “sensato” rispetto alle prestazioni che dovrà svolgere la società sportiva e soprattutto che esista una prospettiva di rientro commerciale adeguata, allora sarà difficile che la stessa possa venire in qualche modo contestata dalla polizia tributaria o da qualche impiegato dell’Agenzia delle Entrate che pensa di sapere tutto lui. Una sponsorizzazione sportiva adeguata e regolare dovrà dare tutti i suoi benefici, sia in termini di ritorno economico che di risparmio fiscale permettendoti anche di dormire sonni tranquilli.

Se invece pensi di sfruttare a tuo vantaggio questo esercizio, mettendo in piedi un sistema per evadere il fisco, fai molta attenzione perchè quello che risparmi oggi di tasse, potresti pagarlo fra qualche anno con sanzioni e interessi salatissimi perchè su questo esercizio i controlli sono davvero serrati.